Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 21 novembre 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Scoperte 6 varianti di SARS-CoV-2 causanti la pandemia: una è responsabile del 95% dei casi. Hsin-Chou Yang e colleghi hanno scoperto che il genoma del SARS-CoV-2 circolante può essere ricondotto a sei tipi principali caratterizzati da 14 variazioni specifiche (signature) di singolo nucleotide (SNV): 13 riguardano regioni codificanti proteine e una SNV è sita nella regione 5’ non tradotta (UTR). Le variazioni identificatrici consentono di classificare i ceppi circolanti del virus come appartenente a tipi da I a VI.

L’affidabilità della classificazione potrà comportare vantaggi nel prosieguo degli studi e per lo sviluppo di interventi terapeutici mirati con specifica efficacia sul ceppo responsabile della malattia di ogni singolo paziente.

Il genoma del virus che ha infettato nella prima ondata 10 milioni di persone, portandone a morte più di 500.000, ossia oltre il 5%, è un virus a RNA p-s (positive-strand) con una lunghezza genomica di 29.903 nucleotidi. Lo studio ha confermato che le mutazioni continuano a sorgere costantemente, con una parte consistente che si perde ed una più circoscritta che permane.

La validazione delle variazioni nucleotidiche come varianti identificatrici o signature è stata effettuata mediante analisi e verifiche prima su un campione di 6.228 genomi virali, poi su un enorme campione di 38.248 genomi, per un totale di 44.476 SARS-CoV-2 esaminati. Il tipo VI di questa classificazione, che corrisponde al virus isolato per primo in Cina all’inizio della pandemia, è risultato di gran lunga il tipo più frequente nei contagiati di tutto il mondo, rappresentando oltre il 95% dei casi di COVID-19 di provenienza. Questo dato rassicura circa l’efficacia dei vaccini che sono stati prodotti, anche se un elemento di rassicurazione si poteva desumere già da osservazioni preliminari che pare non abbiano riconosciuto reattività immunologica indipendente in alcuni campioni di nuovi ceppi isolati nei mesi scorsi, ferma restando la necessità di analisi e monitoraggio immunologico, in particolare del ceppo proveniente dalla Spagna che in questa seconda ondata si è ampiamente diffuso in Italia. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2007840117, 2000].

 

L’anosmia e la polmonite da SARS-CoV-2 hanno patogenesi diversa. Federica Pellegrini, al 4° giorno dopo la diagnosi, con temperatura corporea sempre a 37,4 °C, aveva perso prima il gusto e poi l’olfatto ma, nonostante la sensazione marcata di peso retrosternale, non ha avuto un interessamento polmonare significativo. L’anosmia è un sintomo frequente all’esordio della COVID-19 e molti resoconti clinici riportano che, in coloro che perdono l’olfatto, generalmente i polmoni rimangono indenni o sono interessati solo lievemente.

Jian Zheng e numerosi colleghi coordinati da Stanley Perlman hanno studiato l’infezione da SARS-CoV-2 nei topi, impiegando il ceppo K18-hACE2 da loro sviluppato in precedenza per lo studio della SARS. Nei roditori con grave polmonite, a volte con interessamento cerebrale, il siero di pazienti convalescenti è stato in grado di prevenire la morte e promuovere la guarigione. Zheng e colleghi hanno allora sperimentato questo siero anti-SARS-CoV-2 per la prevenzione e la cura dell’anosmia, e hanno scoperto che è del tutto inefficace: il deficit di olfatto rimane. Questo risultato suggerisce meccanismi patogenetici differenti fra anosmia e polmonite da SARS-CoV-2. [Zheng J. et al. Nature – AOP doi: 10.1038/s41586-020-2943-z, 2020].

 

Coronavirus: individuato meccanismo antivirale del camostat contro SARS-CoV-2. Il camostat mesilato, farmaco introdotto in Giappone nel 1986 e attualmente impiegato nel trattamento della pirosi gastrica da reflusso-gastroesofageo e nelle infiammazioni pancratiche, si è rivelato efficace contro SARS-CoV-1 che causò l’epidemia nel 2002-2003, come ha riportato uno studio pubblicato nel marzo scorso da ricercatori tedeschi, nel quale il farmaco riduceva la capacità di infezione cellulare dal 100% al 30-40%. Le similarità fra SARS-CoV-1 e SARS-CoV-2 facevano prevedere un’efficacia quasi identica. Il camostat, in quanto farmaco già registrato e privo di effetti tossici alle dosi terapeutiche, non ha richiesto valutazioni pre-cliniche e un team della Aarhus University, con un finanziamento della Lundbeck Foundation, ha condotto la prima sperimentazione in doppio cieco su un campione di 180 volontari provenienti dalle cinque regioni della Danimarca. La sperimentazione ha dimostrato che il camostat mesilato inibisce l’attivazione di SARS-CoV-2 da parte delle proteasi TMPRSS2-relate e il suo metabolita GBPA esercita attività antivirale. [Cfr. bioRxiv – AOP doi: 10.1101/2020.08.237651, 2020].

 

Coronavirus: ancora sequele e sofferenze per gli ammalati di marzo-aprile. La prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 rimane un imperativo per tutte le età, non solo perché molte delle persone che muoiono in questi giorni sono state contagiate da familiari, amici e conoscenti che hanno avuto miglior sorte, ma anche perché il 50% delle persone che entra in terapia intensiva non esce viva (non solo se è di età molto avanzata), ma anche perché in molti casi la guarigione lascia esiti e strascichi patologici. A Bergamo il 40% dei ricoverati di marzo ha ancora sintomi respiratori e il 50% presenta ancora sintomi come l’insonnia e soffre di disturbi psicopatologici. [BM&L-Italia news, novembre 2020].

 

Le donne diabetiche soffrono psicologicamente per le disfunzioni sessuali. Le donne affette da patologia diabetica vanno incontro a disfunzione sessuale, come nota conseguenza della fisiopatologia della malattia dismetabolica, che influenza la qualità della vita quotidiana e il rapporto di coppia. Queste conseguenze psicologiche, che secondo la nostra scuola neuroscientifica dovrebbero essere sempre considerate, valutate e trattate, sono state studiate da ricercatori iraniani che chiedono una maggiore attenzione da parte dei medici, e suggeriscono di fornire alle donne dei kit informativi sui principali problemi psicologici individuali e relazionali che possono nascere dalla malattia e, in particolare, dalle disfunzioni sessuali. Infine, i ricercatori auspicano un supporto psicologico (psichiatrico) da parte dei medici alle donne e ai loro mariti, per migliorare la capacità della coppia di affrontare e superare le difficoltà, migliorando la qualità della vita. [Mehdipour-Rabori R. et al. International J Community Based Nurs Midwifery – AOP doi: 10.30476/ijcbnm.2020.84993.1244, 2020].

 

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BM&L-21 novembre 2020

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